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Gli Eretici dal
Medioevo alla Riforma
I Patarini
Poco dopo il mille, in seguito alla predicazione del diacono Arialdo contro il concubinato e la simonia del clero, erano comparsi a Milano i Patarini, che avevano formato un movimento pauperistico osteggiato dall’arcivescovo della città, che era oggetto delle loro critiche perché non sottomesso alla Curia romana. I difensori dell’autonomia dell’arcivescovo dalla curia di Roma li avevano chiamati in senso dispregiativo Patarini: la Pataria era un quartiere di Milano dove c’era una specie di mercato delle pulci e quindi dire Patarini equivaleva a dire straccivendoli.
Erano semplici lavoratori, di umile condizione, che condannavano il lusso e la corruzione del clero e cercavano di mettere in pratica i dettami del Vangelo. Vivevano in comunità, si astenevano dai cibi carnei, facevano voto di castità e, se ammogliati, dicevano che a letto trattavano la moglie come una sorella.
Quando dal 1073 al 1085 fu papa Ildebrando di Soana col nome di Gregorio VII, questo sentì l’esigenza generale di un cambiamento nella Chiesa a causa delle degenerazioni materialistiche del clero. Intese di attuare una riforma della Chiesa secondo un progetto politico: la sua emancipazione dal cesaropapismo e dal potere degli imperatori, che la corrompevano. Affermò così la supremazia della Chiesa sull’Impero, vietando l’investitura degli ecclesiastici da parte dell’imperatore.
Nel 1079 impose il celibato ai preti per vedere se si correggevano. Il Vangelo però aveva insegnato che i ministri di Dio possono avere moglie e figli. San Pietro era ammogliato, San Paolo prescrisse che i vescovi dovessero avere famiglia. La decisione papale non incontrò il favore di molti preti. Di questo Papa si diceva: "Il rabbioso Satana si è scatenato: che la mano potente di Dio voglia distruggerlo! ".
La Curia milanese era in particolare disobbediente a Roma. A Milano infatti molti preti erano sposati o vivevano more uxorio.
Allora il papa spinse i casti Patarini a sollevare il popolo contro i preti coniugati e i vescovi che li tolleravano. Il celibato, se non era stato ottenuto con le buone, lo fu con le cattive. In questo modo però il popolo poté eleggere i suoi vescovi ed emanciparsi dai vincoli feudali.
Molti Patarini furono in seguito convinti dall’eloquenza di Arnaldo da Brescia, secondo cui i beni ecclesiastici sarebbero dovuti tornare nelle mani dei principi e i sudditi delle signorie ecclesiastiche avrebbero dovuto ribellarsi contro i padroni. A Brescia, per tale motivo, il vescovo fu spogliato delle sue ricchezze e cacciato da una sommossa.
Con la decretale Ad abolendam (1183) Lucio III condannò coloro che predicavano senza il permesso del vescovo o del clero, anche se propagandavano la dottrina cattolica più ortodossa. D’accordo con Federico Barbarossa, stabilì in ogni diocesi l’istituzione di un tribunale per individuare e colpire le persone sospette di eresia. Fu la prova generale dell’Inquisizione.
Al Concilio di Verona del 1184 lo stesso Lucio III scomunicò i Patarini insieme ai Catari, ai Valdesi e ai Poveri Lombardi. In seguito a ciò il movimento patarino si sciolse: alcuni passarono fra le fila dei Valdesi, altri fra quelle dei Catari.
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