Cristianesimo - Le Grandi Verità della Bibbia

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Gli Eretici   dal
Medioevo alla Riforma





Fausto Socini
(Siena 1539 - Luslawice 1604)


Fausto Socini (o Sozzini), nipote di Lelio, nacque a Siena nel 1539. Fu uno dei principali anabattisti italiani. Alla morte dello zio (1562) si recò a Zurigo e ne raccolse le carte. Nel 1563 compose la sua prima opera teologica: un commento all’inizio del Vangelo di Giovanni, volto a dimostrare che Gesù non era Dio.

Dal 1563 al 1574 fu a Firenze al servizio di Cosimo I de’ Medici come segretario agli esteri, protetto dall’amica Isabella de’ Medici, figlia di Cosimo I e moglie di Paolo Giordano Orsini. A quel tempo risale la sua seconda opera: il De Sacrae Scripturae autoritate, pubblicata nel 1568. In essa sostenne che la rivelazione di Dio si può avere solo attraverso le Sacre Scritture, nelle quali soltanto un cristiano deve credere incondizionatamente. Quando Isabella fu uccisa dal marito per amore di Vittoria Accoramboni, Fausto dovette fuggire.

Andò a Basilea, dove scrisse il De Jesu Christo Servatore, pubblicato per la prima volta nel 1583 a sua insaputa ma poi ripubblicato col suo nome nel 1594. In esso seguì il pensiero di Juan de Valdès, secondo il quale era sì indispensabile la giustificazione per fede nel "beneficio di Cristo", cioè nel Suo sacrificio di riscatto, ma anche l’imitazione di Cristo, cioè la consacrazione.

Le due cose erano necessarie anche per Socini onde ottenere l’immortalità alla risurrezione in cielo con Cristo. Infatti credeva che l’anima umana fosse mortale e che l’immortalità in un corpo spirituale potesse essere ottenuta solo a condizione che venisse seguito nella vita terrena l’esempio di Cristo (Condizionalismo). Andò prima in Transilvania, dove si trattenne fino al 1579, poi in Polonia, dove si fermò a Cracovia. Qui nel 1586 sposò Elisabetta, figlia del nobile polacco Cristoforo Morsztyn, che possedeva un feudo a Pawlicowice.

Il suo centro di attività fu Raków (o Racovia), che per i "sociniani" divenne ciò che Ginevra era per i calvinisti. Vi organizzò dal 1579 la Chiesa Unitaria (cioè antitrinitaria), cui seguì la compilazione del cosiddetto "Catechismo di Racovia" (1609).

Il Granduca Francesco I de’ Medici gli faceva ugualmente pervenire i soldi derivati dalle sue rendite nel senese; alla morte del Granduca però, avvenuta nel 1587, i beni del Socini furono confiscati dall’Inquisizione. Nel 1598 un gruppo di studenti cattolici devastò la sua abitazione di Cracovia, distruggendo tutte le sue carte, tra le quali il vecchio teologo rimpianse soprattutto uno scritto contro gli atei. Lui si nascose ma gli studenti non ebbero pace finché non lo rintracciarono. Una volta preso, lo trascinarono verso la Vistola per annegarlo. Fu salvato per miracolo da un professore universitario di passaggio. Si rifugiò definitivamente a casa del suocero, dove morì nel 1604.

Una delle sue ultime opere fu un trattato sul comportamento del cristiano riguardo alla politica e al mestiere delle armi, scritto in risposta ad un libro di Jacopo Paleologo. In esso, noto come Responsio, spiegò che il vero cristiano deve pagare le tasse ed essere sottoposto all’autorità governativa, ma non deve avere alcuna opinione politica né fare il servizio militare. Egli è uno straniero su questa terra e non deve versare sangue umano. Nessuna guerra è voluta da Dio.

Quest’opera fu pubblicata anonima nel 1581, in quanto era re di Polonia il cattolico Stefano Bathory (1575-1586). Nel 1587 fu eletto come suo successore un cattolico ancora più intransigente: Sigismondo III. Questo regnò fino al 1632, promuovendo  la Controriforma in Polonia e favorendovi l’opera dei Gesuiti. Fu chiamato infatti "il re dei Gesuiti". I sociniani furono di conseguenza costretti ad emigrare dalla Polonia verso la Germania, l’Olanda, l’Inghilterra e l’America.

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