Cristianesimo - Le Grandi Verità della Bibbia

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Gli Eretici   dal
Medioevo alla Riforma





SebastianoCastellione
(Saint-Martin-du-Frêsne, 1515 – Basilea, 1563)


Sébastien Castellion (o Châtillon) nacque a Saint-Martin-du-Fresne, nella regione della Savoia (Francia) nel 1515 e studiò all'università di Lione. Nel 1536 fu fortemente colpito dalla lettura della "Institution chrétienne" di Calvino e decise quindi, nel 1540, di recarsi a Strasburgo per incontrare il riformatore, dal quale venne convertito e col quale fece amicizia. Nel 1541, dopo il ritorno di Calvino a Ginevra, questi lo chiamò a dirigervi il locale ginnasio, ma l'anno successivo il rapporto si incrinò perché Castellion pubblicò i "Dialogues sacrés", dove attaccò la dottrina della predestinazione e la dittatura di Calvino a Ginevra. Osò anche criticare il valore canonico del Cantico dei Cantici, da lui inteso come una poesia d'amore con risvolti erotici e non come un'allegoria religiosa, e dare una sua personale interpretazione, del tutto letterale, del Credo nel punto in cui si fa riferimento alla discesa di Gesù all'inferno.

Calvino rispose espellendolo da Ginevra nel 1543. Andò a Basilea dove fu nominato professore di greco antico. Tradusse la Bibbia in dialetto savoiardo, poi in latino (1551) e infine in francese (1555). Dedicò la prefazione della traduzione latina al re d’Inghilterra Edoardo VI e in essa dichiarò che il Millennio sarebbe iniziato solo dopo la fine dell’Anticristo, cioè del Papato. Tradusse logos con sermo e battesimo con lustratio. Negò l’ispirazione divina del Cantico de’cantici, in cui vide solo una canzone d’amore carnale.

Il 27 ottobre del 1553 Calvino mise al rogo il medico umanista spagnolo Michele Serveto, che, in fuga dall'Inquisizione, era caduto dalla padella cattolica nella brace  calvinista. In seguito alle numerosissime voci di protesta, Calvino pubblicò un libro per giustificare l’esecuzione di Serveto (Defensio Orthodoxae fidei del gennaio 1554), in cui non solo rese noti gli atti del processo ma anche affermò che era necessario punire l’eresia e porre a morte eretici così pericolosi come Serveto.

In risposta Castellion scrisse, insieme a Celio Secondo Curione e a Lelio Socini, un libro anonimo: De haereticis, an sint persequendi? (Gli eretici devono essere perseguitati?), un appassionato appello alla tolleranza e alla libertà religiosa, con frequenti citazioni di Martin Lutero, di Sebastian Franck, di Erasmo da Rotterdam e dello stesso Castellion.

La libertà religiosa era per lui necessaria perché, nello studio delle Sacre Scritture, l’interpretazione che ne veniva data era spesso soggettiva e solo la tolleranza avrebbe permesso un confronto tra le varie idee. Accettare questo diritto all’interpretazione soggettiva della Bibbia significava far cadere ogni accusa di eresia. La reazione contro Castellion fu durissima. Theodore de Bèze, discepolo e successore di Calvino a Ginevra, nel suo scritto De haereticis a civili magistratu puniendis vide in quell’invito alla tolleranza un espressione di "carità diabolica e non cristiana", sostenendo che per gli eretici non basta la scomunica: ci vuole il rogo.

Nel 1562 Castellion entrò di nuovo in polemica con Calvino. Nel suo nuovo libro sulla tolleranza religiosa, "Conseil à la France désolée", scritto durante la prima guerra di religione fra Cattolici e Ugonotti (1562-1563), tornò sull’esecuzione di Serveto, dicendo che "uccidere un uomo non è difendere una dottrina, è uccidere un uomo". Anche questo scritto fu criticato aspramente dai calvinisti e provocò guai e persecuzioni a coloro che osarono farlo circolare negli ambienti ginevrini. Morì a Basilea il 29 dicembre 1563. La morte pose fine al processo per eresia iniziatosi un mese prima.

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