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Gli Eretici dal
Medioevo alla Riforma
PietroCarnesecchi
(Firenze 1508 - Roma 1567)
Pietro Carnesecchi nacque a Firenze nel 1508. Martire del libero pensiero. Pare che il cognome della famiglia derivi dall’antico augurio fiorentino di benessere: "Pane, vino e carnesecca". Nonostante la sua straordinaria bellezza e la sua intelligenza, fu costretto dalla famiglia a intraprendere fin da fanciullo la carriera ecclesiastica. Nel 1523 seguì Giulio de’Medici a Roma quando fu eletto papa col nome di Clemente VII.
Pietro Carnesecchi (Domenico Puligo 1527)
Nel 1527 Pietro abbandonò Roma per sfuggire al sacco dei Lanzichenecchi e tornò a Firenze. Ma l’anno successivo ripartì per l’Urbe. Nel febbraio 1530 assisté all’incoronazione di Carlo V in S. Petronio a Bologna. Dopo poco tempo il papa nominò Pietro protonotario apostolico, con diritto al titolo di "monsignore", e nel 1533 lo fece segretario pontificio.
Morto Clemente VII nel 1534, divenne papa Paolo III Farnese. A Roma Carnesecchi nel 1535 divenne amico di Giulia Gonzaga, cui fu legato da un profondo amore e per mezzo della quale entrò a far parte del circolo degli spirituali valdesiani. Disse: "Dio si è servito di essa Donna Giulia per mezzo a introdurmi nel regno suo". Si convinse che l’unico mezzo per una vera riforma della Chiesa fosse il richiamo dei credenti alla fede nel merito di Cristo. Credette che la Chiesa eletta fosse un nucleo di pochi santi. Negò il purgatorio e le indulgenze.
Tramite Giulia, divenne amico di Juan de Valdès, che seguì a Napoli. Nel 1541 lasciò Napoli con Marcantonio Flaminio, col quale visse per vari mesi a Firenze. Durante quel periodo fu raggiunto dalla notizia della morte del Valdès, che lo addolorò profondamente. Fu legato da affetto anche a Bernardino Ochino e a Pier Martire Vermigli. Andò a Viterbo dal Pole e dopo a Venezia (1542), dove gli aristocratici simpatizzavano per la riforma della Chiesa, tanto che nel 1543 vi fu permessa la pubblicazione del "Beneficio di Cristo".
Paolo III Farnese, che con la bolla Licet ab initio aveva istituito nel 1542 la Congregazione del Sant’Uffizio, cioè il Tribunale romano dell’Inquisizione, convocò a Roma nel 1546 Pietro Carnesecchi con l’accusa di eresia. La protezione di Cosimo I de’ Medici e l’intervento del cardinale Pole fecero concludere il processo a favore dell’imputato, che però pensò bene di rifugiarsi in Francia.
A Parigi fu protetto da Caterina de’Medici e divenne amico di Roberto Stefano, il famoso tipografo che suddivise la Bibbia in capitoli e versetti. A Firenze il suo protettore era Cosimo I de’Medici, che non solo lo stimava ma anche gli permetteva di fruire delle prebende ecclesiastiche nonostante non facesse mistero delle sue tendenze ereticali.
Quando divenne papa Pio V (1556), già noto come "fra’ Michele dell’Inquisizione", chiese a tutti i principi la consegna degli eretici al Sant’Uffizio. Cosimo, in cambio del titolo di "granduca", gli consegnò Carnesecchi. Quest’ultimo, dopo un lungo processo, affrontò con coraggio il patibolo. Fu decapitato e il resto del suo corpo, completamente nudo, venne appeso per i piedi e dato alle fiamme a Roma nel 1567. Salì sul patibolo "tutto attillato con la camicia bianca, con un par di guanti nuovi e una pezzola bianca in mano", scrisse un cronista fiorentino. Quel papa, assassino di eretici e protestanti, sarà fatto santo.
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